Avv. Annamaria Marra

AVV. ANNAMARIA MARRA LEGALE PER LE PROFESSIONI SANITARIE

Strutture sanitarie ed obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria

Annamaria Marra, Avvocato esperto in Responsabilità Sanitaria articolo pubblicato su diritto 24 

La Legge 8 marzo 2017 n.24 ha dettato un'articolata disciplina in tema di sicurezza delle cure e della persona assistita nonché in tema di responsabilità professionale degli esercenti la professione sanitaria, introducendo l'obbligo di comunicare all'esercente la professione sanitaria l'esistenza di un giudizio fondato sulla sua responsabilità (art. 13). 

L'obbligo di comunicazione è imposto alle strutture sanitarie o sociosanitarie (sia pubbliche che private) con l'evidente finalità di portare a conoscenza del professionista l'oggetto ed il quantum della domanda risarcitoria (giudiziale o stragiudiziale) formulata dal danneggiato o dai suoi eredi.


L'introduzione di tale previsione costituisce senza dubbio un principio di grande civiltà giuridica considerato che nel nostro ordinamento non esisteva alcuna norma che imponesse l'obbligo di cui all'art.13 della legge in esame.

Basti considerare che in precedenza, qualora il danneggiato avesse avanzato una domanda risarcitoria, la struttura sanitaria sarebbe stata libera di informare o meno i sanitari coinvolti nel sinistro. 

Le strutture sanitarie, così, potevano addivenire ad una transazione giudiziale della controversia oppure decidere di costituirsi nel giudizio promosso dal danneggiato senza informare i professionisti sanitari del cui operato si discuteva. 

Qual è la ratio della previsione in esame? 

L'obbligo di comunicazione di cui all'art. 13 appare strettamente correlato al giudizio di adeguatezza sull'applicazione delle linee guida e delle buone pratiche clinico-assistenziali, previste dall'art. 5, che la nuova normativa affida all'esercente la professione sanitaria. 

In virtù del nuovo assetto legislativo l'osservanza da parte del professionista sanitario delle linee guida e delle buone pratiche, unitamente ad altri elementi, determina l'esclusione della responsabilità penale per morte o lesione colpose del paziente (art. 6), inoltre, costituisce elemento per la determinazione del risarcimento del danno in sede civile (art. 7). 

La situazione di particolare difficoltà in cui l'esercente la professione sanitaria ha operato assume, altresì, rilevanza ai fini della quantificazione del danno nell'ambito della azione di rivalsa o amministrativa (art. 9).

Non vi è dubbio che l'esercente la professione sanitaria, al fine di valutare la scelta terapeutica più appropriata, si orienti tenendo in considerazione alcuni fattori specifici fra cui le peculiarità del caso clinico, le difficoltà insorte nonché il contesto, fra cui l'urgenza, in cui è chiamato ad espletare la sua prestazione professionale. 

Secondo la Giurisprudenza, infatti, le linee guida non possono fornire indicazioni di valore assoluto per cui non si può escludere la scelta consapevole del medico che ritenga, attese le particolarità del caso clinico, di dover coltivare una soluzione atipica (cfr. Corte di Cassazione, Sez. IV Penale - Sentenza 9 aprile 2013, n.16237). 

L'obbligo informativo di cui si discute assume notevole rilevanza anche nell'ambito della responsabilità dell'equipe medica, posto che la responsabilità di ciascun componente non può essere affermata sulla base dell'accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito all'equipe nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, nella prospettiva di una verifica, in concreto, dei limiti del suo operato unitamente a quello degli altri.

Nell'ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche non va sottaciuta la diretta refluenza del giudicato civile sul rapporto di lavoro dell'esercente la professione sanitaria. Questo aspetto rende particolarmente significativo l'invito a prendere parte alle trattative avviate dall'azienda sanitaria di appartenenza, così come previsto dall'art. 13, onde addivenire ad una definizione stragiudiziale della controversia. 

Si evidenzia che secondo la nuova normativa (art. 9) l'esercente la professione sanitaria, nel corso dei tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, non potrà essere preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti ed il giudicato costituirà oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori.

Si tratta, indubbiamente, di una norma dettata al di fuori del suo contesto elettivo. 

Al riguardo è appena il caso di notare che l'art. 15 del d.lgs 502/92, norma cardine in tema di disciplina delle dirigenza medica, prevede che in sede di contrattazione collettiva nazionale si stabiliscano, in conformità ai principi e alle disposizioni del suddetto decreto, i criteri generali per la graduazione delle funzioni dirigenziali nonché per l'assegnazione, valutazione e verifica degli incarichi dirigenziali e per l'attribuzione del relativo trattamento economico accessorio correlato alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità del risultato.

Dall'esame delle cennate previsioni normative, complessivamente considerate, emerge l'estrema rilevanza che assume, nell'ambito della responsabilità professionale del medico e del suo rapporto di lavoro, l'adempimento dell'obbligo informativo di cui all'art. 13 facente capo alla struttura sanitaria.

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